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CASA DOLCE...SALUTE

L’architettura esce oggi dalla pura visione riduzionista di progettazione e realizzazione di edifici funzionali e strutturalmente sicuri per trasformarsi in un vero e proprio strumento per promuovere il benessere psicofisico.

La scienza recentemente ha mostrato attraverso un’ampia letteratura come l’architettura della propria casa, (e non solo), influisca ed influenzi il funzionamento del sistema “uomo” tanto da coniare oggi il termine Neuro-Architettura, ovvero lo studio del rapporto esistente tra “architettura-cervello-comportamento”.

 

È interessante notare come esperienze estetiche negative attivino le stesse aree corticali di stimoli emotivi terrorizzanti generando così le stesse risposte di tipo attacco\fuga; di contro, esperienze estetiche positive attivano pool neurali che generano a cascata i profili neurobiologici della soddisfazione e della ricompensa.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la “Sindrome dell’edificio Malato” come una serie di sintomi (irritazioni delle mucose, mal di testa, irritabilità, scarsa memoria, affaticamento, problemi gastrointestinali, secchezza della pelle e asma) sperimentati da individui occupanti edifici con più di 4 persone, particolarmente vecchi e tenuti in malo modo, multifamiliari, con illuminazione e ventilazione naturale scarse. Tutto questo genererebbe un inquinamento dell’aria indoor tale da causare gravi danni alla salute oltre che un continuo innalzamento dei livelli di stress e quindi di infiammazione a cui è sottoposto l’intero organismo, avendo così ripercussioni sulla dimensione psichica e causando: ansia, depressine, alterazione del funzionamento cognitivo, disturbi dell’umore.

Esiste quindi un collegamento funzionale tra l'ambiente progettato, le risposte sensomotorie e la creazione di abitudini malsane.


Agire sulle caratteristiche della casa in cui viviamo e modificarla all’occorrenza contribuisce notevolmente alla nostra salute e longevità
Casa dolce...salute

Come poter quindi utilizzare queste recenti evidenze scientifiche per salvaguardare la salute psichica? Sicuramente tutto ciò che è stato citato sopra, quindi ricambio di aria, illuminazione naturale, spazi sufficientemente ampi e tenuti in salute, è un ottimo punto di partenza; una soluzione ulteriore sembra essere poi quella di creare per quanto possibile delle “Snoezelen Room”. Ideate in Olanda agli inizi del 2000, queste stanze a multi-sensorialità controllata sembrano avere un vero e proprio effetto terapeutico antistress. Pareti e pavimenti dai colori tenui, poltrone, tappeti, intensità e colore delle luci gestiti manualmente di volta in volta sono le caratteristiche di queste stanze in grado di ridurre la neurobiologia dello stress e favorire il recupero di un sano equilibrio psicofisico; caratteristica fondamentale la possibilità di modulare gli stimoli sensoriali liberamente.

In questi termini, la psiche acquisisce una dimensione allargata e l’intervento sui contesti diviene fondamentale.

Agire sulle caratteristiche strutturali degli ambienti in cui si vive, sentirsene padroni e modificarli all’occorrenza contribuisce notevolmente alla nostra performance di salute migliorando aspetti emotivi, cognitivi e comportamentali oltre che biologici.

BeLONGEVITY nasce per aiutare concretamente tutti a conoscere ed applicare queste straordinarie informazioni della scienza.

 
  • Bottaccioli AG Et Al. Psychic Life-Biological Molecule Bidirectional Relationship: Pathways, Mechanisms, and Consequences for Medical and Psychological Sciences-A Narrative Review. Int J Mol Sci, 2022, DOI: 10.3390/ijms23073932

  • Djebbara K et al. Neuroscience and architecture: Modulating behavior through sensorimotor responses to the built environment. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 2022, DOI: 10.1016/j.neubiorev.2022.104715

  • Nasser K et al. Snoezelen: children with intellectual disability and working with the whole family. The scientific world journal, 2004, DOI: 10.1100/tsw.2004.105

  • Zeki S et Al. Significant Foam and the neurobiology of aesthetics. Frontiers in human neuroscience, 2013, DOI: 103389/fnhum.2013.00730  


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